Certificazioni

I documenti rilasciati dopo l'esame della pietra

I certificati sono documenti di identificazione, firmati, rilasciati da un laboratorio di analisi dopo l’esame della pietra: in essi vengono indicate l’identità, la massa, la forma e le misure. Talvolta sono completati da informazioni aggiuntive, spesso necessarie per precisare con maggiore chiarezza la qualità della gemma esaminata. Nel certificato di una pietra sono evidenziati il numero del documento, il tipo di pietra individuata con le analisi e, infine, le caratteristiche che essa presenta.

Queste ultime comprendono: la forma (rotonda, ovale, a cabochon, ecc.); l e d i m e n s i o n i, ossia il diametro massimo e minimo e l’altezza cioè lo spessore (misurato con calibri di precisione); la massa (il peso…) espresso in carati; l ’ a s p e t t o (trasparente, traslucido o opaco); il colore che appare due volte; il primo è quello oggettivo/soggettivo, quello cioé che chiunque può osservare (anche se sono prevedibili lievi difformità di stima, viste le differenze fisiologiche fra individui diversi). A titolo d’informazione aggiungiamo che l’occhio umano sarebbe in grado di distinguere alcune migliaia di sfumature! Viceversa, il colore contrassegnato con un asterisco è quello “scientifico” che non si mette quasi mai sul certificato, a meno che, ovviamente, non venga espressamente richiesto, nel qual caso si può dedurre mediante confronto con apposite tabelle quali, ad esempio le carte di colore DIN 6164, che riportano una numerazione distintiva ed univoca. Nel certificato delle pietre di colore vengono riportate le osservazioni (per es. le eventuali scheggiature e fratture, la descrizione dei trattamenti eventualmente individuati, ecc.), i segni di identificazione, che vengono descritti (es. inclusioni trifasi, aghi di rutilo, ecc.) e, a volte, anche rappresentate sui grafici che rappresentano il taglio della gemma.
Questa prima parte del certificato riporta le particolarità della gemma e permette quindi di completare un quadro descrittivo circa la qualità della stessa; teoricamente un certificato potrebbe essere composto solo da questa p a r t e.
La parte successiva del documento, ossia i “rilevamenti effettuati”, riguarda i dati che il laboratorio ha ottenuto nei diversi momenti di analisi, dati che gli hanno permesso di individuare la famiglia e la categoria di appartenenza del soggetto in esame.

L’aver dichiarato (nella parte superiore della certificazione) che la pietra, DSC_0130oggetto della discussione, è stata identificata come una ben definita categoria di gemme (es. corindone, zaffiro o rubino), implica quindi l’elenco di tutte quelle proprietà caratteristiche dedotte grazie ai rilevamenti effettuati : l’indice di rifrazione, il carattere ottico (monorifrangente o birifrangente, uniassico o biassico), la birifrangenza, il pleocroismo, il peso specifico, la d u re z z a (che spesso non viene indicata, risultando un’analisi di tipo anche parzialmente distruttivo). Se sono stati fatti degli esami particolari, non di routine, questi vengono elencati in appendice (es. fotografie all’infrarosso, esami al filtro Chelsea, indagini con microsonda ionica). Vengono infine annotate le osservazioni ai raggi U.V. (sia ad onda lunga che corta) e lo spettro di assorbimento, sovente di notevole importanza diagnostica. Nel caso però che detti laboratori ritengano opportuno precisare tale informazione, li si invita ad includere, insieme all’indicazione del paese d’origine, la seguente dicitura od una di significato analogo: “ il paese d’origine non è necessariamente relazionato a qualità o valore della gemma. La determinazione del paese d’origine è l’espressione di un’opinione personale” . Dal punto di vista tecnico, la certezza della provenienza geografica é una rarità quasi casuale, essendo condizionata dalla presenza di caratteristiche interne tanto specifiche quanto rare. Dal punto di vista commerciale, inoltre, é prassi consueta attribuire una (presunta) origine come sinonimo di qualità: esempio rubino bellissimo = rubino birmano, smeraldo di alta qualità = smeraldo colombiano, eccetera. È evidente a tutti, crediamo, che ogni miniera, qualunque sia la sua nazionalità, produce esemplari di livelli qualitativi diversi e pertanto le equazioni di cui sopra risultano perlomeno fuorvianti. Quando provenienza e qualità coincidono e la gemma presenta un’origine tipica, é consuetudine diffusa presso diversi noti laboratori allegare al certificato una lettera di accompagnamento che, oltre ad una descrizione più accurata e ricca di dettagli, evidenzi o addirittura confermi un’ipotesi di provenienza.

Per ritornare al tema dei certificati in senso stretto, é necessario anche sottolineare la differenza fondamentale che contraddistingue quelli dei diamanti da quelli delle pietre di colore: mentre per le seconde il certificato attesta semplicemente le affermazioni del venditore ed il prezzo é una diretta conseguenza dell’aspetto osservato direttamente sul campione, nel caso dei diamanti il documento ha spesso una vera e propria funzione sostitutiva.

Dr. Pio Visconti

estratto dal libro |Gemme: guida ad una migliore conoscenza|

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Da notare come vengano raffigurate in verde le caratteristiche esterne ( un graffio, una piccola tacca ecc.), eventualmente indicative di un’usura pregressa, e in ro s s o le caratteristiche interne che si sono osservate (cristalli di rutilo, di calcite, zonature di colore ed altro) utili all’identificazione univoca della gemma e della sua naturalità.Totalmente diversi, per loro stessa natura, i certificati di IDENTIFICAZIONE e GRADUAZIONE che di solito accompagnano i diamanti di maggior pregio. Per questi, infatti, l’identificazione della naturalità e dell’assenza di trattamenti sono premesse essenziali per il rilascio del certificato, documento nel quale si riportano i parametri rilevati, ovvero si “gradua” il livello qualitativo della gemma secondo precise Norme di riferimento. Premettiamo subito che, al momento, esistono tre normative di uso comune:
quelle americane, del G.I.A., quelle europee (I.D.C./H.R.D.) e quelle italiane emesse dall’U.N.I., Ente Unificazione Italiano. Origini differenti, quindi, ma sostanziale identità di risultati, poiché le valutazioni complessive, alla fine, sono (quasi) perfettamente sovrapponibili. La scelta di un certificato piuttosto di un altro é quindi la conseguenza di mode, di gusti personali o di influenze geografiche piuttosto che tecniche in senso stretto. Ma a questo punto é essenziale aggiungere una considerazione decisamente pratica, prima ancora che di preferenza tecnica: in caso di contestazione, é senz’altro meglio poter discutere le conclusioni di un laboratorio raggiungibile con facilità, per questioni di distanza e di lingua, piuttosto che dover ipotizzare una diatriba a distanza con istituti oltreoceano!

Per ritornare al tema dei certificati in senso stretto, é necessario anche sottolineare la differenza fondamentale che contraddistingue quelli dei diamanti da quelli delle pietre di colore: mentre per le seconde il certificato attesta semplicemente le affermazioni del venditore ed il prezzo é una diretta conseguenza dell’aspetto osservato direttamente sul campione, nel caso dei diamanti il documento ha spesso una vera e propria funzione sostitutiva. E ’ infatti prassi consueta, nel mondo dei diamanti, lasciare le gemme nelle ben protette casseforti dei possessori, diffondendone con mezzi adatti solo le caratteristiche essenziali riportate nel certificato stesso. Solo in un secondo tempo, quando anche il prezzo esitato incontra l’assenso del possibile acquirente, le gemme vengono spostate fisicamente e magari sottoposte a nuova verifica (o addirittura certificazione) per conto di un nuovo possessore. Ecco spiegato il perché, almeno negli esemplari di maggior valore, non é raro riscontrare la presenza di certificati emessi da laboratori diversi, anche lontanissimi fra loro.

In ultimo, é necessario approfondire i dettagli sui certificati che corredano le perle. Ricordando come i processi di coltivazione si siano evoluti fino agli attuali livelli di perfezione, é importante DSC_0131sottolineare come il mercato abbia evidenziato la necessità di disporre di informazioni più dettagliate e, soprattutto più approfondite, al riguardo di un materiale che fino a poco tempo addietro veniva classificato solo come “naturale”, “coltivato”, “di acqua dolce” e poco altro. Premesso anche che in tema di “norme” non é (al momento) ipotizzabile una regolamentazione così rigorosa nei termini e nei criteri di valutazione quanto quella in uso per i diamanti, é però evidente come il gioielliere abbia bisogno di punti di riferimento sufficientemente precisi e, per quanto possibile, univoci. Solo con tali informazioni, allora, é ragionevole costruire un insieme di dati merceologici tali da consentire un’attribuzione attendibile di un valore commerciale. Per rispondere a tali esigenze sono comparsi, negli ultimi anni, certificati sulle perle che alla descrizione della natura e dell’eventuale presenza di trattamenti, danno anche utili informazioni sul grado di coltivazione (spessore della perlagione), sulla ricchezza dell’oriente, nonché sulla possibile presenza di difetti superficiali. Il tutto é riferito in modo particolare al materiale proveniente dal Giappone, anche se la tipologia del prodotto di qualità si va progressivamente estendendo anche al di fuori dei suoi confini.